Chiesa del 1770

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CHIESA PARROCCHIALE ARCIPRETALE

CATTEDRA DI SAN PIETRO AP. A MAERNE

RELAZIONE STORICA

Contesto

Marne è una frazione del comune di Martellago in provincia di Venezia da cui dista circa 20 chilometri, mentre la sua parrocchia fa parte dalla Diocesi di Treviso. L’abitato èattraversato in direzione est-ovest dal corso d’acqua Marzenego che, provenendo da Noale, va a gettarsi in laguna in prossimità di Torcello. Testimonianze storiche dell’esistenza di un nucleo abitato a Marne risalgono al secolo X e fin dalle prime risultanze documentarie la villa di Marne appare dipendere, come oggi, dal vescovo di Treviso come una delle “cappelle” o “regole” soggette a Martellago.

Sebbene la storia di Maerne sia da far risalire a prima del Mille, sicuramente il periodo storico più ricco di conseguenze è stato quello della dominazione Veneziana, che ha lasciato tracce indelebili nel territorio a tutti i livelli. Il 1339 segna il passaggio di Martellago e, conseguentemente di Maerne, alla podesteria di Mestre nel territorio della Serenissima, anche se il dominio di Venezia su queste terre fu estremamente precario fino al 1388 quando l’intero territorio trevigiano entrò a far parte definitivamente della Repubblica di Venezia, un passaggio che non rappresentò una traumatica soluzione di continuità con il passato, giacché queste terre continuarono a gravitare per molteplici aspetti commerciali, civili e religiosi, sulla città di Treviso.

Con il XV° secolo, tuttavia, Venezia spostò i suoi interessi dallo “Stato da Mar” allo “Stato da Terra” e, a fronte di una crisi sempre più marcata della politica marinara, operò una penetrazione politico-economica nella terraferma mediante la sistematica acquisizione di proprietà terriere e prebende ecclesiastiche.

Nel corso dei secoli XVI”, XVII” e XVIII” ville, palazzi e chiese, espressione politico-culturale dei nuovi signori, furono edificati sui terreni della terraferma veneta. Un fenomeno, questo, particolarmente vistoso agli albori del XVIII” secolo, quando l’aristocrazia veneziana, in un clima politico-culturale oscillante tra neofeudalesimo e fisiocratico razionalismo, ricerca la “stabilitas” politica e sociale anche attraverso un dialogo profondo tra la spiritualità della vita religiosa e la dignità del buon governo civile. Per quanto riguarda il territorio di Maeme, la sua quasi totalità viene spartita tra quattro-cinque grandi famiglie del patriziato mercantile veneziano: I Dolfin, i Valier, i Bembo, i Querini-Stampalia.

L’altro polo o struttura che sostiene, forse anche più della villa, lo sviluppo del territorio èla parrocchia o pieve. Essa rappresenta un elemento motore della ricostruzione agraria al punto da fissarsi come nodo di gestione più potente ed articolato delle ville-fattorie dell’aristocrazia veneziana. La prima opera collettiva alla quale si impegna gran parte della popolazione rurale è la chiesa parrocchiale. Il progetto viene generalmente fornito da un tecnico (proto o architetto), ma non di rado disegno ed esecuzione sono affrontati dallo stesso parroco con la consulenza dell’esperto diocesano architetto-abate o con brevi consulenze tecniche di specialisti.

Le vicende storiche del borgo sono dunque strettamente legate al comune destino del territorio veneto: la fine della Repubblica della Serenissima nel 1797, l’occupazione austriaca prima, quella napoleonica poi fino alla definitiva annessione al Regno d’Italia nel 1866.

L’attuale Chiesa parrocchiale

L’attuale organismo chiesastico, apparentemente semplice, ~ in realtà il prodotto di una complessa sedimentazione storica dove le parti si combinano in una interessante composizione capace di articolare in unità il nucleo tre-quattrocentesco, gli ampliamenti settecenteschi e quelli novecenteschi.

Le vicende salienti che interessano il monumento sono le seguenti:

- 1018-20 La primitiva chiesa romanica: prima menzione di una chiesa a Maerne.

- 1351 La chiesa gotica: pesante intervento di ristrutturazione dell’edificio romanico che si prospetta come una vera e propria ricostruzione le cui strutture edilizie costituiscano il nucleo centrale dell’attuale tempio.

- 1394 Campanile: vengono conclusi i lavori che trasformano l’antica torre di vedetta in un campanile propriamente detto.

- 1498 Prima consacrazione della chiesa a seguito dei lavori di ampliamento della chiesa e di risistemazione del sagrato davanti la facciata ad ovest.

- 1777 Consacrazione della chiesa dopo i pesanti interventi di ristrutturazione ed ampliamento ad opera del parroco G.A. Pezza: ampliamento del volume edilizio e rifacimento della facciata. Conferimento del titolo di chiesa arcipretale.

- 1844-51 Nuovo ampliamento della parte absidale e dei transetti, nuovo intervento sulla facciata.

- 1968-70 Ulteriore ampliamento della zona absidale e dei transetti, sopraelevazione del tetto dell’aula che non altera la precedente facciata.

La precedente chiesa sec. X°-1351.

Sul luogo dell’attuale chiesa, dunque, esisteva un precedente edificio sacro che fu oggetto di numerosi interventi di manutenzione e ristrutturazione. Il più antico documento che ne fa menzione risale al 1018-20 e tratta di una compravendita di un terreno nei pressi della chiesa. Nel 1970 durante gli scavi effettuati nel corso dei lavori di ristrutturazione ed ampliamento vennero alla luce fondazioni e reperti di una chiesa risalente al X1110 secolo. La struttura era a pianta rettangolare, a tre navate con colonne circolari, terminava esattamente dove ora si innesta il transetto e dai reperti trovati si deduce che era in stile romanico con il frontale a capanna decorato con archetti a tutto sesto con delle piccole croci bizantine policrome.

La chiesa gotica 1351-1539.

Tuttavia il nucleo originario dell’attuale tempio è da far risalire al secolo XIV0 quando cominciano radicali lavori di ristrutturazione che si prospettano come una vera e propria demolizione e ricostruzione del precedente edificio. Il territorio di Martellago era da poco passato sotto il dominio veneziano. In realtà, come detto, queste terre continuarono ad avere la città di Treviso come referente economico, culturale e religioso e questo non poteva non influire sulle scelte tecnico-stilistiche della rinnovata chiesa che viene realizzata nelle forme moderate del gotico come si veniva declinando nella pianura padano-veneta. Tra la fine del 1200 e l’inizio del 1300 sono numerosi gli esempi di importanti edifici sacri costruiti secondo la tecnica e la poetica del gotico nelle grandi città limitrofe, basti pensare alla Basilica di Sant’Antonio a Padova o le chiese di Santa Maria Gloriosa dei Frari e Santi Giovanni e Paolo a Venezia. Tuttavia l’esempio più prossimo cui guardare era, per evidenti motivi, il tempio di San Nicolò a Treviso, enorme costruzione edificata dai frati predicatori domenicani grazie al generoso aiuto di papa Benedetto XI, originario di Treviso ed egli stesso in precedenza frate domenicano. La monumentale costruzione iniziò nel 1303 e proseguì fino al 1348, per continuare poi in varie fasi ed interventi fino alla fine del secolo.

Forse il più grande cantiere allora aperto in territorio trevigiano, il tempio di san Nicolò non poteva non imporsi quale modello culturale da emulare, certo con le debite distinzioni e proporzioni. Nel grande tempio trevigiano troviamo oramai consolidati elementi tipici della tradizione gotica padana: compattezza della muratura, lesene di rinforzo addossate alle pareti, compresenza di archi a tutto sesto e archi a sesto acuto piuttosto compressi, serie di archetti di coronamento. L’impianto è a tre navate con transetto ed absidi poligonali. Massicce colonne cilindriche in mattoni sorreggono gli archi ogivali a fasce bicrome, conferendo all’interno un aspetto unitario. Come in molti edifici medioevali San Nicolò offre una lettura fortemente simbolica: la pianta richiama la croce latina e le dodici grandi colonne rappresentano i dodici apostoli di Cristo.

Molti di questi elementi li ritroviamo, ridotti di scala e tradotti in linguaggio più prosaico, nella chiesa di Maeme:, per esempio le colonne cilindriche dai capitelli lapidei a calice con foglie d’accanto stilizzate, o gli archi ogivali compressi decorati con fasce bicrome. Anche qui è riscontrabile il riferimento simbolico ai dodici apostoli purchè vengano computati non solo le colonne cilindriche ma anche i pilastri quadrangolari del presbiterio e della controfacciata interna. Per quanto riguarda l’impianto planimetrico è difficile stabilire quale fosse la reale configurazione originaria, giacchè le notizie relative ai lavori eseguiti nel XVIII0 secolo per iniziativa del parroco G.A. Pezza riferiscono di consistenti ampliamenti. Noi siamo propensi a ritenere che esistessero già ai lati della navata centrale delle cappelle o piccole navate laterali successivamente ampliate. Un indiretto supporto a questa opinione sembra provenire dal commento dell’Agnoletti là dove, nel 1898, afferma che con i lavori del 1351 la chiesa “facilmente riceveva la struttura gotica che oggidì conserva, ma entrati in chiesa discendevasi per gradini.. .“. Da cui si deduce inoltre che il pavimento interno era più basso rispetto al piano di campagna. Certo è che la chiesa era più corta dell’attuale poiché il presbiterio si trovava nell’attuale incrocio della navata centrale con il transetto aggiunto nell’Ottocento.

In quegli stessi anni anche la torre campanaria veniva fatta oggetto di importanti lavori di restauro che si concludono nell’ottobre del 1394, come testimoniato da un’antica iscrizione in caratteri gotici posta sopra la porta d’ingresso della torre stessa.

La chiesa venne consacrata per la prima volta nel 1498 dall’arcivescovo di Corinto e, dopo ulteriori lavori di ampliamento dell’edificio e di risistemazione del sagrato davanti l’ingresso principale, nuovamente nel 1539 dal vescovo di Bergamo Giovanni Lippomano che, prima di essere vescovo, fu parroco a Maerne ed investito del suo beneficio.

Il Diciassettesimo secolo.

In seguito al Concilio di Trento (1545 -1563) le chiese rettorali ottennero l’autonomia dalle chiese matrici e, conseguentemente, quella di Maerne si staccò dalla matrice di Martellago dopo secoli di sudditanza. Nel 1625 la chiesa parrocchiale fu benedetta in onore di San Pietro in Antiochia, santo che era raffigurato nella perduta pala quattrocentesca dell’antico altar maggiore e dipinto in facciata sopra il portale di ingresso. Per quanto riguarda il complesso edilizio, durante il 1600 non risultano essere stati fatti lavori di rilievo.

Le trasformazioni settecentesche.

Una interessante mappa del 1780 conservata alla Fondazione Querini-Stampalia di Venezia raffigura, sia pure in modo riduttivo e schematico, la chiesa ed il cimitero di Maerne dopo gli interventi di ristrutturazione intrapresi nella metà del Settecento dal parroco G.A.Pezza. Il campanile appare nella sua attuale forma con cuspide piramidale, la facciata della chiesa si trova nella stessa posizione di oggi mentre notevoli differenze sono riscontrabili nella porzione posteriore del tempio molto ridotto rispetto l’attuale: all’aula a tre navate si addossa una semplice cappella presbiterale a pianta quadrata più bassa rispetto la navata centrale e affiancata ai lati dai più modesti volumi delle sacrestie. Dal punto di vista urbanistico la mappa ci consegna una chiesa ancora circondata dal campo santo recintato da un basso muretto in muratura da cui si accede da tre differenti ingressi.

Il parroco G.A. Pezza promuove sostanziali interventi sull’edificio chiesastico al fine di adeguano alle nuove esigenze di capienza e di culto emerse nella prima metà del XVIII0 secolo: vennero ampliate le navate laterali per far posto a quattro altari secondari dedicati alla Madonna del Carmine, a S. Antonio di Padova, a S. Liberale e a S. Francesco d’Assisi, con pale dipinte da Maggiotto e da Zugno. Viene ricostruito l’impalcato della facciata al fine di adeguano alle modifiche interne e per dare maggiore enfasi al monumento. Le scelte formali portate avanti dal pievano risultano prive di arditezze e di discontinuità, ripetendo gli stilemi ed i decori dell’originaria struttura gotica, senza nulla concedere al classicismo allora imperante. Una scelta dettata dal buonsenso che può apparire di retroguardia, ma che paradossalmente si pone in linea con i movimenti culturali più aggiornati. Proprio in quegli anni, infatti, si assisteva in Europa ed anche nel Veneto alla crisi del classicismo ed al recupero dell’arte del passato medioevale nivisitata in chiave romantica secondo l’emergente “poetica del sentimento e del pittoresco” e rispondente, sul fronte religioso, all’esigenza di un ritorno ad una più autentica spiritualità.

G.A. Pezza fece dipingere a proprie spese la facciata della chiesa a scacchi bianchi e rossi e fece porre nella cornice del tetto gli archetti gotici presenti ancora oggi.

Il risultato dell’intervento dovette risultare soddisfacente se l’allora vescovo Paolo Francesco Giustiniani, venuto a consacrare l’edificio il giorno 18 settembre 1777, gli conferì il titolo di chiesa arcipretale e al pievano Pezza quello di primo arciprete della parrocchia.

L’ampliamento ottocentesco 1844-1851.

Ad una settantina d’anni dalla sua nuova consacrazione come chiesa arcipretale, la costruzione, oramai degradata ed insufficiente rispetto la nuova realtà, fu fatta oggetto di un radicale intervento di ristrutturazione ed ampliamento su progetto degli ingegneri Bisognini e Dalla Costa. I lavori iniziarono il giorno 29 Aprile 1844 e si conclusero con la consacrazione del vescovo di Treviso A.G. Farina il 26 Ottobre 1851. Su questo intervento lo storico contemporaneo F.S. Fapanni nelle sue memorie esprime un giudizio piuttosto negativo che comunque ci torna utile in quanto conferma il permanere di una parte originaria de 11’ antica chiesa gotica:

...1 fabbricatori odierni non riflettono che il gotico richiede i grandi edifìci ed in essi risplende, e non mai in chiese basse e modeste... altro malanno. il coro e la crociera si eressero più alti della navate e nacque lo sconcio dentro e fuori. Conveniva atterrare tutto il vecchio e innalzare di pianta 1 ‘edificio, non ci badando a qualche meschina reliquia di arco acuto. Hanno già sprecato de’ buoni denari forse più se tutto 1 ‘edificio fosse stato innalzato intero dalle fondamenta.”

Fortunatamente l’intervento di totale rifacimento auspicato dal Fapanni non venne realizzato ed oggi abbiamo un esempio di sovrapposizione diacronica di parti architettoniche che ben si inquadra nella logica storicistica ottocentesca con connotazioni marcatamente venete.

La ristrutturazione del complesso, infatti, si inscrive in un periodo in cui lo storicismo eclettico, di cui l’architetto veneziano Giuseppe Jappelli è uno dei massimi esponenti internazionali, propone l’indifferenza degli stili come romantico montaggio di immagini evocative, dove il sentimento ed il pittoresco predominano sulla ragione e sui principi matematico-proporzionali del classicismo illuminista.

La ricostruzione interessò dunque solo alcune parti della chiesa, in particolare la sua parte posteriore: fu prolungato il coro absidato, furono erette le due cappelle laterali della crociera, anch’ esse absidate e ricostruite le due sacrestie. Anche la facciata gotica fu fatta oggetto di intervento estetico mediante la realizzazione di un portale di ingresso a strombo con anelli bicromi concentrici sfalsati, ridimensionando la precedente apertura, ed un rivestimento di marmo bianco e rosa. mentre sulla sommità furono poste cinque edicole gotiche in marmo bianco.

All’ interno le navate apparivano più basse del presbiterio, pur essendo più alte, perchè rivestite da un controsoffitto in legno, stucco e gesso che nella navata centrale era decorato da un affresco dello Zugno. Nel 1956 tale cotrosoffitto, degradato e cadente, fu sostituito da uno a cassettoni, come testimoniano alcune vecchie foto dell’epoca.

Il quotidiano “La Gazzetta di Venezia” per commemorare l’evento pubblicò un articolo a firma di “Alcuni Ammiratori” nel quale si lodava la ristrutturazione della chiesa e l’organo costruito dai Bazzani con la magnifica orchestra intagliata da Angelo Artuso da Zero Branco.

L’ampliamento Novecentesco 1968-1970.

L’immagine e la struttura definite nella metà dell’Ottocento si conservarono inalterate fino alla fine degli anni Sessanta del Novecento, quando l’arciprete don Antonio Berti ritenne necessario un nuovo pesante intervento di risanamento statico ed ampliamento della chiesa. L’arciprete si rivolse all’architetto Fontana e all’ingegner Pizzinato per il progetto e all’impresa di costruzioni Pavanello per l’esecuzione dei lavori. Le modifiche furono sostanziali sia all’interno che all’esterno del manufatto: fu infatti allungata la parte posteriore della chiesa, con una operazione molto simile a quella ottocentesca, e fu completamente rifatta gran parte della copertura lignea con l’innalzamento del tetto della navata centrale di circa un metro per portarlo in quota con quelli del coro e della crociera ottocenteschi, come era stato auspicato dal Fapanni.

La nuova struttura della copertura fu realizzata in abete austriaco, le fondazioni in cemento armato, a differenza delle precedenti in laterizio, e l’intonaco delle nuove parti murarie fu realizzato con cemento, sabbia e calce. Il controsoffitto a cassettoni, privo di valore artistico, fu demolito per lasciare a vista le nuove capriate lignee e dare all’ interno un maggior slancio verticale, mentre l’organo che si trovava nella contro-facciata d’ingresso fu trasportato nella nuova abside dietro la cappella presbiterale.

BIBLIOGRAFIA

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